martedì 31 agosto 2010

L'isola-mente

C'è una barca in mezzo al mare, andatela a salvare....
Le barchette di legno chiaro, piccoline, le sento mie amiche. Forse perchè hanno un loro senso, nell'immenso, loro stanno a galla, sono piccole, ma ci sono, hanno la loro dignità, navigano. Sono affettuose, richiamano affetto, sembrano sole, lontane dai clamori vip delle grandi barche. Portano quanto possono portare, e non più di quello. Come ognuno di noi,  si sfasciano se vengono caricate troppo. Vanno giù. Ci vogliono cure amorevoli per tenerle in salute, per fare sì che navighino bene, e portino serenamente il loro carico. Ci vuole un marinaio che le sappia guidare nelle acque che si presenteranno di volta in volta...in uno scambio di bisogni e comprensioni, di doni ed esigenze. Piccole barche dal grande cuore...che ogni tanto riposano sul bagnasciuga, al sole, e hanno sempre nostalgia di qualcosa. 
"Il nostro più grande desiderio è anche il nostro più grande talento". Perchè ciò che desideriamo di più, è ciò che più ci manca, ed è ciò che siamo più in grado di dare.   
A M O R E.

martedì 24 agosto 2010

Dove le nuvole respirano...


Tornare a casa (quella da dove vieni, quella dove ti aspettano) senza paura, è un gran bel viaggio. Perchè hai bisogno -anche- di far andare lo sguardo lontano senza inciampare nelle montagne intorno, di camminare non importa in quale parte della strada, di sentire l'aria calda ed il sole che brucia, di respirare il profumo dei pini come al mare, e la salsedine anche a 80 km di distanza, sentendo il rumore delle onde portato dal vento. Di tenere la finestra aperta giorno e notte, perchè tanto, grilli, cicale, tortore, uccellini vari ed eventuali, qualcuno a cantarti la nanna c'è. Di ritrovare, oltre la famiglia, la familiarità con cose, luoghi, strade, gente che non conoscevi ma che rivedi volentieri,  -gesti. Che ti andavano stretti. Ma che sono la base della tua VITA.

lunedì 16 agosto 2010

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Che sia da sgranocchiare tra i denti, o da gustare nei meandri della mente e dell'anima, che sazi momentaneamente appetiti del corpo o dello spirito, che faccia cadere quel velo di Maya che tante volte ci mettiamo da soli, che ci riapra gli occhi sul mondo esterno, dentro ed intorno ad esso, per creare MEMORIA, che amplii il respiro spalancando i polmoni come finestre al sole di primavera, che ci faccia sentire viandanti o re, ma pur sempre VIVI, che alimenti la nostra curiosità covata da bambini, che ci faccia sentire piccoli dentro spazi immensi, e un po' più grandi di ieri, che risvegli meraviglia e stupore. Che ci faccia venire voglia di mangiare ancora. Seduti accanto. Amen.

giovedì 12 agosto 2010

Calore di colore


Talvolta la ricerca di un tempo perduto può impigliarsi provvidenzialmente in qualcosa che non pensavi... Può accadere che un quadro, una fotografia, colori che i tuoi occhi non ricordavano, che il cuore aveva sopito, passino come una locomotiva e prendano per mano tutti i tuoi vagoni senza guida, trasportandoli fuori dalla nebbia. E si sa, i colori illuminati dalla luce, riescono ad illuminarci "dentro". Rossi,gialli,verdi diversamente intensi e sfumati che proprio laddove cambiano tonalità sprigionano vibrazioni che non ricordavi, facendo aleggiare intorno ad essi calore se non affetto. E come un assetato si rende conto della propria sete non appena una goccia d'acqua si posa sulle sue labbra, così io, colpita da quei colori, avverto il bisogno di immagini, di paesaggi, di colori e calori, di scenari di esistenze, nuovi respiri.

mercoledì 11 agosto 2010

Dell'aria piena

Come il bicchiere mezzo pieno invece di quello mezzo vuoto, non voglio pensare al vuoto nell'aria di quando discutiamo, di quando te ne vai portando via tutto TE lasciandomi come un sasso in una distesa di sabbia. Voglio pensare all'aria di quando tira vento e la tenda si gonfia e vola fino quasi a metà stanza, dando ali agli Angeli che invoco, l'aria piena di quando siamo insieme abbracciati sul divano, ed io, anche se non parlo, sono felice che siamo insieme, l'aria densa della presenza, del volerci qui.

lunedì 9 agosto 2010

il filo spanato

Dall'11 settembre di un anno fa il filo, io, l'ho perso davvero. Forse l'ho perduto per strada, lungo il guardrail di 420 km di autostrada, d'altronde lo strattone tiratogli è stato forte. Io ho sempre creduto e credo ancora che si sia solo un po' sfilacciato, sai, poi con il gelido inverno s'è pure congelato e ne ho perse altrettante tracce. Sarà che poi più ti fissi a voler cercare una cosa e meno la trovi, però io avevo bisogno di quel filo,  e l'ho cercato come potevo, o forse solo, come riuscivo. Può essere che sia trasparente, e cambiando lo sfondo, lo scenario, non son riuscita più a vederlo. Ho cercato di ritrovarne traccia come un cane da tartufi senza olfatto, ho cercato di ricostruirne le fibre in laboratorio, basandomi sui ricordi di esso. Ho tentato di sgombrare la mente da turbini d'incertezze e ansie, con vaghi e vagheggianti risultati. Sempre cercando di fare meno rumore possibile, di dare meno fastidio possibile, con il terrore di essere di peso nel mentre che cercavo il mio peso ed il mio posto in una nuova vita. Oggi, pare che questa mia ricerca, sia stata del tutto infruttuosa, finanche dannosa. Ho lasciato qualcuno nell'attesa, non qualcuno a caso, l'unico qualcuno per cui sono qui, di rivedere quel filo luccicare, e allo stesso tempo, volendoci credere o meno, ma io sapendone per certo la veridicità, soffrendo io nella stessa attesa di riportare alla luce quel filo. Quanto può far male un'attesa? Tanto, può fare tanto male. E più fa male, a te e a chi ti sta intorno, più ti metti a cercare con ansia e angoscia. Risultato: un fendente all'anima, una bolla d'acqua salata che brucia gli occhi e la gola, la stanchezza. Le armi ormai rotte, le lance spuntate, le ferite chissà.  Se è brutto disconoscersi, posso assicurare in questo preciso istante che non riconoscersi è un colpo devastante. Sotto la cintura, o sopra, fate voi. Chiedere a se stessi: "ma dove caspiterina sono finito, IO?" Ecco, dove è il mio filo? quello a cui sono legate tutte le mie parole, quelle disperse da così lungo tempo...quello che tiene aperte le porte e non le fa sbattere chiudendomi dentro...quello che al limite ci puoi fare il tiro alla fune, che almeno ci si diverte.
Poi fa irruzione IL GATTO. Si arrotola nella zanzariera, salta ovunque, gioca con le tue calze, fa gli assalti alle tue scarpe eleganti, e si diverte un mondo con le stringhe. Sta un po'. Scompare. Filo sperduto, fili d'erba, stringhe, filo di ferro che tiene su i pomodori, la gomma per l'irrigazione, capelli, peli di gatto. Fili. Bisogna poi prenderli così sul serio? Bisogna poi averli perduti per forza?