sabato 30 ottobre 2010

...e magari non esistono più nemmeno i pidocchi di una volta.

Il tuffo nella mia Terra stavolta è stato fecondo. Di sole, di parole, di stelle brillanti, di luoghi magici, di cieli azzurri, di parole, di variopinti tramonti, di parole, e di altrettanto variopinti incontri e variegati sorrisi. Le cose, le persone, i posti "di una volta" possono essere di decenni fa, km-m-cm di tempo fa, o anche soltanto di una "volta scorsa" trascorsa da un qualsivoglia periodo.
Curante ma inconsapevole se anche per i vecchi del mondo, tutto il mondo sia paese, nell'aria tiepida e insieme cristallina di un mezzogiorno quasi-novembrino, ho ritrovato l'assenza di ogni pudore di chi ha conosciuto i nostri nonni, i nostri genitori, noi, e si ricorda chi siamo, e ci ricorda una vita com'era. In un particolare. L'itterizia si curava con...i pidocchi. Sì.
Andavano a recuperarli da chi li ospitava su di sè, li rincorrevano sulla mano per non farli fuggire (bene prezioso), per poi avvolgerli in un'ostia bagnata, e farla ingoiare al malato gallo...il quale, guariva. Prevedibili i nostri occhi spalancati e le bocche in risate incredule e divertite e gli stomaci lievemente contorti dall'inimmaginabile disgusto. A pensare che non conosciamo l'itterizia, che sicuramente qualche rimedio chimico senza zampe esiste e che...ma ci sarebbe poi da fidarsi dei pidocchi di oggi? E così penso: se a noi manca un briciolo di terra sotto i piedi, guardandoci indietro, quanta forza devono aver avuto le nostre ave generazioni per vivere tanti mutamenti e mutazioni rimanendo in piedi? Forse è per questo che, invecchiando, si diventa più bassi: per avvicinare il baricentro al centro gravitazionale della Terra. E non volare via.

Fughe di fughe

Spingono ammassandosi
in cerca d'uno spazio d'aria
non meno densa che lava
non meno rarefatta che ghiaccio
in uscita d'emergente
sostanza premono
fuggevoli incollate fluidamente
all'Emergenza Vita.
Incitandosi all'arrivo.

sabato 9 ottobre 2010

Vivere di sogni, e sognare di vita...

ovvero sul film "Inception".
Ovvero su come una torta già buona assuma il suo significato di estrema ineffabilità nel morso al suo ultimo strato, la base di pasta frolla e di pan di spagna, e su come similmente un film che già merita attenzione, infonda quel brivido che lo fa definitivamente aggrappare all'anima.
Ognuno può trovare un qualsiasi particolare. Per me, quel brivido, quella folata di vento che apre gli scuri, è stata una delle immagini finali, quando la "compagnia" sbarca negli States, Di Caprio si dirige verso l'uscita, finalmente libero, e "Mr.Fischer" in secondo piano fuori fuoco si gira a guardarlo, con uno sguardo che noi tutti conosciamo. "Ma questa persona...mi sembra di conoscerla....l'avrò SOGNATA".
Sarà la continua trasposizione più spazio che temporale che in questi ultimi 3 anni ho vissuto sulla mia pelle nelle andate e ritorni da casa a casa da regione a regione, e quelle interminabili frazioni di secondo che da allora mi abbisognano per collocare volti in luoghi e tempi corretti, navigando attraverso membrane tanto realisticamente oniriche quanto oniristicamente reali, che mi hanno fatto sentire accolta e raccolta in quello sguardo, in quel frame.
Quante volte ci chiediamo cosa dove quando come? Quante volte ci immergiamo con una proustiana madeleinette in matasse di ricordi parziali da svolgere e riavvolgere, in cerca del nostro "totem" che ci illumini sulla certezza della realtà? E anche quando non ci vogliamo credere, la trottola smette sempre di girare.
La ciliegina sulla torta. Un'occhiata da chapeau.

mercoledì 6 ottobre 2010

Marilyn...

La bocca aperta più degli occhi, la bocca mai chiusa, come a dire: uomo, non guardare nella mia anima, guarda la perfezione che recito così bene da incarnarla, da farne vita. Perditi se vuoi nel corpo, passando tra i denti schiusi, sfiorando l'umida lingua e giù, lungo le linee sinuose che sogni. Ma attraverso questi occhi non passerai, non andrai oltre questi pesanti sipari di ciglia finte, non ti mostrerò l'altrettanto perfetta imperfezione, la perdita totale di controllo della mia anima. Forse è questo contrasto tra ciò che comunica la bocca e ciò che comunicano gli occhi, che ci (mi) fa ammutolire di fronte a lei. Che mi trasmette un brivido diffuso. Come guardare in uno specchio amplificatore, la fragilità e la lotta per apparire più indistruttibili, sicuri e belli di quanto siamo davvero, che sono proprie di ognuno di noi.
Guardare un paradosso negli occhi è disarmante.

lunedì 4 ottobre 2010

PIOVE...

...e non ci sono nemmeno le tamerici salmastre ed arse.
Il meriggiare è fin troppo pallido e sbadatamente assorto, ma il muro d'orto è fradicio, non rovente.
Ognuno sta solo sul cu..or della terra trafitto da un raggio di led, ed è subito noia.
Capitano! Mio Capitano! Il viaggio tremendo è finito, ma quello bello non è ancora iniziato!
Ma o cuore! Cuore! Cuore! cerca l'orizzonte e seguilo, anche se delineato da mille sporgenze diverse che potranno confonderti occhi e mente.
Ed ecco sul tronco IRrompe del Ghemme...
PROSIT!